I dialoghi che “Il Cortegiano” descrive si tengono alla corte di Urbino, all’interno del Palazzo Ducale. Baldassar Castiglione apre la sua opera con un accenno al paesaggio circostante:
“ Alle pendici dell’Appennino, quasi al mezzo dell’Italia verso il mare Adriatico, è posta, come ognun sa, la piccola città d’Urbino; la quale benché tra monti sia, e non così ameni come forse alcun’altri che veggiamo in molti lochi... ”
La ricercata compagnia riunita intorno alla duchessa Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidubaldo da Montefeltro, chiude i suoi piacevoli “conversari” all’alba del 12 marzo 1507:
“ Aperte adunque le finestre da quella banda del palazzo che riguarda l’alta cima del monte di Catri, videro già esser nata in oriente una bella aurora di color di rose... ”
(Il Cortegiano: Libro I, II; Libro IV, LXXIII)
Come già Dante Alighieri, anzi con minori approfondimenti, anche Castiglione utilizzava il Monte Catria come un fondale poetico, una pura e semplice cornice paesaggistica. Uno splendido esempio di questo paesaggio ideale, che tuttavia potrebbe rappresentare proprio una porzione dello stesso Catria, si trova nel ritratto della Duchessa Elisabetta Gonzaga, attribuito a Raffaello, realizzato intorno al 1503 (Galleria degli Uffizi - Firenze).
Poco più di due secoli dopo Mons. Francesco Bianchini disegnava, sempre da Urbino, la prima vista realistica della dorsale montuosa del Catria. L’interesse dell’erudito veronese era però puramente scientifico: effettuare rilievi di latitudine e longitudine, tracciare i meridiani di Urbino e Roma, calcolare distanze per realizzare la Corografia del Ducato. Quei disegni erano esplicativi del suo lavoro:
“ Nella figura terza io rappresento l’aspetto di tre diverse montagne, cioè di Catri, di Cantiano e di Cagli: le quali riguardate dalla rocca di Urbino, e dalla Metropolitana appariscono in questa forma.
Il monte segnato a A degli altri è il più da osservarsi, perché più alto, e in conseguenza più atto a discernersi di lontano, e scorgesi chiaramente dalla Sabina, dall’Umbria, e dalla Toscana, e dalla Romagna: siccome dalla sua cima tutte queste Provincie si scoprono per lungo tratto. Chiamasi il Monte Acuto dalla figura acuminata che tiene: la quale però è nell’alto divisa in due punte, che hanno più sembianza di scoglio, onde sono di accesso difficile. Di queste a sta verso Oriente, A verso mezogiorno. Sporge in fuori sotto A verso ponente una punta Y con tanto ripiano, che basta a collocarvi gli stromenti necessarj per prendere in pianta la Corografia di queste regioni. Di quel sito Y mi prevalsi a prendervi gli angoli di posizione distintamente con il quarto di cerchio di metallo diviso in gradi e minuti primi con il cannocchiale di 3 palmi, che serve di diottra.
Quel monte Acuto termina la montagna denominata di Cantiano, che siegue da A in BGC: ed incomincia un altro lungo tratto di monti detti di Catri, i quali da A verso l’Oriente sieguono in TT, e più oltre si avanzano. Il Monte di Cantiano BC è diviso da monte Acuto A per un vallone R: e dove il pendio del monte Acuto AYR è precipitoso non che scosceso; la piaggia all’incontro del monte di Cantiano BC dolcemente discende, e stendesi in largo piano, abbondante di pascoli, e capace ancor di coltura, sin a tanto, che in C sorge una punta di scoglio erta e acutamente declive verso la terra di Cantiano, che le sta sotto in fondo alla valle per cui passa il fiumicello, o torrente dello stesso nome.
L’aspetto di questa valle è riparato ad Urbino per la costa del monte di Cagli DE, che dicesi del Cavallo: a cui subentra da ponente un’alta montagna FK (di cui quivi non resta espresso il solo principio) e dicesi il monte Nerone.
Nel piano dolcemente declive del monte di Cantiano BC passa il Meridiano alzato per la Chiesa Cattedrale di Urbino, nel sito G, che appresso distingueremo, benché non abbia fabbrica alcuna, che possa contrasegnarlo. Supplisce al difetto di fabbriche per indicarlo un altro segno visibile di lontano: ed è il principio di una selva da G in C sopra il piano declive RC. “
(Bianchini: pp. 141-142)
Approfondimenti e riferimenti bibliografici: Barbadoro D., Barbadoro F. 2008; Bianchi ; Bianchini; Mazzoleni.
Il ritratto di Elisabetta Gonzaga è alla Galleria degli Uffizi - Firenze. Il ritratto di Bianchini è tratto da: Google Libri .
Si ringrazia Daniele Barbadoro per l’analisi del paesaggio del ritratto di Elisabetta Gonzaga.
Mappe:
La dorsale montuosa del Catria rappresentava il baluardo meridionale del Ducato d’Urbino. Di rinforzo a questa difesa naturale sulla via per Roma, a guardia dei passi montani e lungo la Flaminia, sorgevano Rocche e Centri Fortificati, come a Costacciaro e Gubbio, ora in Provincia di Perugia, e ancora a Cantiano, Frontone, Cagli e Serra S. Abbondio. Intorno al Catria il genio dell’architetto senese, Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), aveva eretto alcune delle sue maggiori “macchine da guerra”.
Di queste difese naturali e artificiali non c’è traccia nella descrizione di Baldassar Castiglione (1478-1529). Le pagine del Cortegiano rappresentano una corte ideale in un paesaggio altrettanto ideale, tratteggiato con ben poche parole: “non così ameni” sono i monti che circondano Urbino e “dall’alta cima del monte di Catri ... parea che spirasse un’aura soave“.
Dopo circa due secoli, un altro intellettuale volgerà ancora lo sguardo verso “li monti di Catri”. Francesco Bianchini (1662-1729) fu un erudito a tutto tondo, i suoi poliedrici interessi spaziavano dall’archeologia all’astronomia, dalla poesia al disegno. Viaggiando per mezza Europa aveva conosciuto tra gli altri l’anziano Gian Domenico Cassini e Newton, si era quindi interessato ai problemi di geodesia. La misura dei meridiani, la forma della terra e, nello specifico, la Corografia del Ducato d’Urbino e dei territori settentrionali dello Stato Pontificio, furono tra le sue occupazioni quando soggiornò, tra il 1717 e il 1723, a Urbino. Bianchini disegnò allora la prima vista realistica della catena del Monte Catria. Nel “Prospetto che formano verso mezzo dì riguardati da Urbino” (Fig. 3a) vediamo la raffigurazione quasi fotografica dei: “Monti di Catri” (dal M. della Strega al Catria propriamente detto), di “M.te Acuto” (dall’Infilatoio a Bocca della Valle), del “M. di Cantiano” (dal M. Alto alla cima del Monfrante), del “M. di Cagli o del Cavallo” (il M. Petrano) e del “M. Nerone” (il P.gio le Guaine nel settore meridionale del massiccio del Nerone). Al disegno Bianchini aggiunge una descrizione di questi monti, sintetica eppure accurata. Anzi, soffermandosi sul M. di Cantiano, arriva a descrivere il “principio di una selva”, come punto di riferimento per individuare il meridiano di Urbino, in una superficie altrimenti uniforme costituita dai Prati del Tenetra. Nel 1634, in alcuni documenti, quel punto veniva denominato “Becco Lungo della Selva”. Tuttora lo stesso faggeto, allungato come una punta sui pascoli sommitali, è ben distinguibile e costituisce un limite amministrativo tra i Comuni di Cagli e Cantiano.
Mons. Bianchini si può fregiare di un ulteriore primato. Proprio per compiere le sue rilevazioni è stato il primo a lasciare memoria della “conquista”, probabilmente nel 1720, delle cime di M. Acuto e del Tenetra. Qui collocò i suoi “stromenti” e disegnò la vista che da lì si ha della cattedrale di Urbino, dei colli e della Rocca di Montefiore e dei campanili di Rimini (Figure 1a e 2a).
[febbraio 2011]