“ e fanno un gibbo che si chiama Catria

di sotto al quale è consecrato un ermo


Con questi versi Dante Alighieri (Paradiso XXI, 109-110) fa conoscere al mondo e rende “immortali” l’eremo di Fonte Avellana e la montagna che lo sovrasta. La comunità di monaci e il Catria vivevano da tre secoli in un rapporto inscindibile, già ne avevano organizzato e “disegnato” il territorio circostante. E inscindibile sarà la loro storia.

A cavallo tra XVII e XVIII secolo, alcune viste “a volo d’uccello” ci mostrano il versante nord-orientale del Catria. L’edificio imponente della Badia dell’Avellana domina un paesaggio già moderno: le cime di Catria e Acuto sono, come oggi, spoglie, “pulite”, così come gli ampi pascoli che le circondano; più in basso le grandi selve e le boscaglie ceduate; qua e là le fonti, i passi e i sentieri. Moderne sono anche le comunità che si dividono, con contratti d’affitto o enfiteutici, le parti di quel territorio.

Ancora un salto di qualche secolo, a metà degli anni ’50 del XX, la stessa vista, con il monastero ancora nel suo splendido isolamento alla base della montagna. La cartolina, attraverso l’impietoso occhio della fotografia, mostra la vegetazione rada che a malapena nasconde le rocce, testimoniando il culmine del prelievo di legna che i boschi del Catria avevano subito negli ultimi secoli.

Oggi le selve sono di nuovo lussureggianti, anzi, forse, mai come oggi le vediamo circondare l’Avellana come le videro gli eremiti di mille anni fa.

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Il rapporto tra i monaci, Avellaniti prima e Camaldolesi poi, e il Catria, pur tra alterne vicende, è sempre stato vissuto con rispetto reverenziale e lungimirante pragmatismo. La montagna cercata dai primi “romiti” per il suo selvaggio isolamento, si è voluto che mantenesse sempre questo “valore”,  rappresentato dalle orride selve, dalle fiere, dalle precipitose rupi e dalla lontananza dal “comertio humano”. Già da subito si vietarono la proliferazione di abitazioni e il rischio di eventuali urbanizzazioni, poi si limitarono l’espansione delle coltivazioni agricole, i dissodamenti e i prelievi incontrollati di alberi dalle foreste.

Ora questo paesaggio naturale e antropico, nato dal legame millenario tra il Monastero di Fonte Avellana e il Monte Catria, è considerato una delle più rilevanti emergenze storico-culturali della Regione Marche, che gli ha dedicato, nel Piano Paesistico Ambientale Regionale, uno specifico Ambito di Tutela, esteso su tutto l’alto bacino del Cesano, dalla Croce di Rave all’Avellana fino alla vetta del Catria.

[novembre 2010]